Il progetto prevede la demolizione dell’ultimo piano e la costituzione di un nuovo volume che sfrutta la possibilità consentita dalle normative mediante un aumento pari a circa 130 mc. L’ ampliamento ripropone la copertura a due falde aumentandone la quota di imposta. L’altezza interna tra pavimento di piano e intradosso dell’imposta del tetto viene portata da 130 cm a 200 cm. L’effetto sul volume complessivo è quello di un potenziamento della imponenza del fabbricato che viene alzato esternamente di circa 85 cm. Internamente la sopraelevazione ha il beneficio di aumentare l’altezza minima di piano conferendo maggior vivibilità alle singole stanze.
La morfologia della copertura consente di ottimizzare l’eventuale installazione di pannelli fotovoltaici in entrambe le falde.
Il terzo piano viene interamente destinato agli ospiti del rifugio. Vengono ricavate n. 9 camere per un totale di 47 posti letto. Le camere hanno diverse metrature e sono dotate di letti singoli e letti a castello con misura 80x200. Ogni letto è dotato di armadiature porta oggetti a colonna delle dimensioni minime di 0.22 mc. Ogni camera è dotata di almeno una finestra di dimensioni medie di 80x115 cm in grado di fornire adeguata areazione e illuminazione nonché un punto di vista panoramico sul territorio circostante.
Nell’angolo di Nord Est sono stati collocati i nuovi servizi igienici: da un corridoio centrale con finestra si ha accesso a n.3 bagni con wc e lavabo e n. 2 docce. È stato infine ricavato un piccolo locale adibito a ripostiglio.
Il rifugio si presenta come un volume compatto che si erge su un balzo roccioso ai piedi delle grandi cime di Brenta. La sua solidità è espressa dalla muratura a conci lapidei sbozzati e si integra visivamente con il paesaggio circostante. L’attuale sopraelevazione con la sua finitura ad intonaco cementizio e la copertura in lamiera verniciata, rappresenta una stonatura che compromette questo dialogo armonico.
Dunque il nuovo ampliamento non può che essere rivestito con lo stesso materiale lapideo dell’impianto originale. Anche la copertura è pensata come una grande lastra di pietra. Si persegue così una omocromia che conferisce al rifugio la percezione plastica di un grande monolite di pietra.
Nel rispetto del criterio di distinguibilità, al fine di preservare una corretta lettura dell’opera nel suo complesso, viene proposto per l’ampliamento l’utilizzo dello stesso materiale lapideo del rifugio ma in una declinazione diversa: la pietra viene lavorata a lastre di spessore 2 cm, squadrate e montate a correre con una successione di tre larghezza variabili.
La sopraelevazione attuale presenta una serie di finestre che in forma e posizione scandiscono un ritmo distonico rispetto alla composizione prospettica del fabbricato originale.
Il nuovo volume abbandona questo ordine incongruo, e propone una successione di finestre che si allineano alle bucature dei piani sottostanti. Viene così rispettata e potenziata la regolarità dei quattro prospetti.
Le nuove finestre rappresentano un’occasione inedita di fruizione panoramica del paesaggio. Alloggiare al piano più alto del rifugio permette di godere di un punto di vista privilegiato sull’ambiente circostante. Le nuove bucature poiché poste nel punto più basso del tetto, diventano “abbaini”, elementi caratteristici delle architetture montane e non solo, qui profondamente rivisitati. A coronamento della nuova copertura sono posizionati 10 “abbaini” che in un processo di pura astrazione vengono interpretati come grandi lastre quadrangolari confitte nelle falde del tetto. Ciascun abbaino, diverso in dimensioni, è costituito da una coppia di placche con finitura in lamiera a specchio, che racchiude e protegge un nastro ricurvo di rame dove si colloca l’infisso. La similitudine è dolomitica: come guglie che si ergono frastagliate da un balzo roccioso, così le nuove finestre si ergono spigolose sul monolite di roccia del rifugio. L’intervento è drastico e mimetico al contempo: la dimensione dei futuribili abbaini è potente, ma la loro finitura a specchio genera riflessi cangianti del paesaggio circostante, confondendosi con esso in riverberi di cielo e frammenti di montagna.
La necessità di realizzare una nuova scala antincendio esterna vuole essere un’occasione per proseguire in modo armonico il processo di “crescita organica” e che nei decenni ha caratterizzato il rifugio nei suoi vari ampliamenti. La parete a Nord Ovest è la naturale ubicazione del nuovo vano scale. In ottemperanza alle normative vigenti, il sistema distributivo è costituito per ogni piano da una coppia di rampe parallele di larghezza 90 cm con pianerottolo intermedio. Al piano primo il corpo scale si disgiunge per la presenza di una copertura bassa, e il sistema a doppia rampa si trasforma in rampa singola posta in diagonale.
Il nuovo corpo scale è un volume in prolungamento longitudinale al rifugio, riprendendone l’inclinazione delle falde e il parallelismo nello sviluppo planimetrico. Lo spazio scala si distingue nel trattamento epidermico: alla massività lapidea del rifugio si contrappone un involucro più permeabile e diafano, costituito da una serie di frangisole orizzontali a passo e larghezza variabile che con i loro raggi di curvatura imitano la genesi morfologica delle montagne circostanti. Qui la similitudine è con i processi di erosione differenziali che acqua, vento e ghiaccio hanno impresso sulle vicine cime dolomitiche, levigandone i bordi e smussandone gli spigoli.
Il rifugio Pedrotti con i suoi cinque piani di altezza ha una dimensione tale da segnare come consistente presenza antropica la zona della bocca di Brenta. Per questo costituisce anche simbolicamente un punto di riferimento geografico, per tutti gli escursionisti.
Il progetto aspira principalmente all’utilizzo di materiali locali: legno di abete e di larice per la struttura portante in sopraelevazione, per gli arredi e le finiture interne; lastre di pietra dolomia chiara per il rivestimento di facciata e copertura. Per l’isolamento delle pareti e del tetto si è scelta la lana di roccia, materiale a base minerale dal ridotto impatto ambientale. Si è optato per la durabilità e la scarsa manutenzione per la scala esterna: calcestruzzo gettato in opera e frangisole in alluminio.
Il progetto vuole consolidare ed enfatizzare la presenza del rifugio nel territorio, instaurando una nuova relazione visiva con le valenze paesaggistiche circostanti. Le grandi lastre a specchio confitte nel tetto monolitico del rifugio, quando colpite dal sole lanciano segnali lucenti di riferimento per gli escursionisti e con i loro riflessi del paesaggio circostante, diventano “potenziatori” di panorami.
La struttura del sottotetto è realizzata con un sistema a telaio in legno (platform frame) costituito da pilastri in legno abete lamellare 8x16 cm, su dormiente in legno di larice, sormontati da trave di banchina e rivestiti con tavolato al fine di conferirne un comportamento a lastra. Il tetto a due falde è costituito da travi e tavolato sempre in legno abete. Questo sistema costruttivo per via del peso ridotto della parete a telaio (circa il 60% in meno dei sistemi in muratura) è particolarmente indicato per le sopraelevazioni di fabbricati esistenti. Il ridotto peso del materiale e la possibilità di assemblarlo in opera rappresenta un vantaggio economico nella gestione dei trasporti in elicottero.
La scala esterna ha una struttura costituita da un setto centrale con plinto di fondazione in calcestruzzo armato gettato in opera, a cui si innestano le travi rampanti delle rampe anch’esse in c.c.a. Il setto in sommità sostiene la copertura a lastre. Tale struttura è autoportante, indipendente e opportunamente giuntata rispetto alla muratura del rifugio che in tal modo non viene gravata di alcun carico aggiuntivo.